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sabato 6 dicembre 2014

Poche opere per una grande mostra. L’arte dei Pollaiolo, maestri del Quattrocento*.


Museo Poldi Pezzoli, Milano – Fino al 16 Febbraio 2015. Sbarca in via Manzoni 12 il Rinascimento fiorentino su invito della padrona di casa, la famosa Dama del Pollaiolo. Un’occasione unica per vederla riunita alle sue “sorelle” sparse nei musei di mezzo mondo e di scoprire capolavori provenienti da una delle botteghe più celebrate del quindicesimo secolo.

*articolo pubblicato su artribune.com il 30/11/2014






























Arricchirsi guardando un’opera d’arte non è questione di uno sguardo e via. L’arte implora lo spettatore a un dialogo lento e fruttuoso che inevitabilmente si sciupa quando l’ansia di completare tutto il percorso di una mostra ci assale e siamo costretti a dedicare poco tempo a un’opera che ha impiegato mesi, forse anni di sforzi e tentativi per essere generata. Alla luce di ciò, il concetto di grande mostra non può soltanto coincidere con quello di mostra ricca in numeri, perché quando con poche ma sostanziose opere si costruisce un percorso e si elabora una tesi ecco che il risultato che emerge è ancora maggiore, quello di un’esposizione che ha il merito di essere “grande” permettendo di goderne pienamente. È questo il caso della mostra dedicata ai fratelli Pollaiolo, Antonio (1441-1498) e Piero (1441/42-1481), a partire dall’icona stessa del luogo in cui è ospitata, lo splendido ritratto di profilo di dama del Museo Poldi Pezzoli (1470-72).
La mostra, pur accattivando il grande pubblico con la presentazione, per la prima volta insieme, delle quattro dame dei Pollaiolo, si nutre dell’obiettivo di restituire un panorama più limpido sul lavoro dei due fratelli, fatto, da Vasari in poi, oggetto di falsi miti e attribuzioni oscillanti. Un respiro più ampio, alimentato da un solido impianto critico-scientifico, che evita il pericolo di una banalizzazione espositiva gravitante attorno ai soli ritratti femminili. Quest’ultimi non sono che la scena preziosa di un percorso semplice quanto pregnante, dove emerge la volontà dei curatori di sottolineare da un lato la poliedricità e lo straordinario talento artistico di Antonio e dall’altra il gusto pittorico morbido e mimetico di Piero. Del primo sono esposti capolavori di oreficeria, quale una grande e formicolante croce d’argento (realizzata con Betto di Betti, 1457-59), di scultura, come il drammatico e toccante Crocifisso di S. Lorenzo (1470-80), e numerosi disegni da cui vien fuori un segno teso e guizzante, una costante ricerca anatomica e quel sentimento di sforzo dinamico dei corpi nello spazio che stregò Bernard Berenson, il quale attribuì proprio ad Antonio del Pollaiolo il primato dell’invenzione del movimento in pittura, testimoniandolo con lavori quali la celeberrima incisione Battaglia di Nudi (1465 c.) e la tavoletta degli Uffizi con lo stritolamento di Ercole su Anteo (1475 c.), entrambe presenti in mostra. Diverso l’atteggiamento di Piero, meno esuberante e vorace del fratello maggiore, attento a coltivare qualità pittoriche che al nudo anatomico esplosivo prediligono una maggiore rilassatezza, accompagnata da una sottile raffinatezza descrittiva. Una pittura oleosa e materica capace di ricreare la superficie tattile di stoffe e gioielli, come quelli fieramente indossati dalla nobildonna del Poldi Pezzoli, insieme alle altre tre ricondotte definitivamente dal curatore Aldo Galli alla mano di Piero, la cui figura viene decisamente riscattata da una storiografia non proprio benevola.




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